Nel processo della raccolta puntuale, la lettura dei tag RFID sul bidone o sul sacco attraverso un dispositivo wearable rfid rileva un dato che è una stringa normalizzata, standard. 

All’interno della stringa, letta da sinistra a destra, vengono riportati:

  • l’ID del dispositivo: il wearable riporta l’identificativo del dispositivo, mai il nome dell’operatore. Come impone il Regolamento generale UE sulla protezione dei dati 2016/679 (GDPR), infatti, su qualsiasi tipologia di server non è possibile associare il nome di colui che usa l’oggetto e la serie dell’oggetto stesso;
  • lo stato della batteria;
  • la data e l’ora in cui la lettura del tag RFID è stata effettuata;
  • la data e l’ora in cui la lettura è stata ricevuta dal server;
  • l’ID del tag, codice di 24 cifre che per definizione è associato ad un utente in maniera univoca.

 

Doppie codifiche, scambi di sacchi e bidoni, discrepanze sul giro di raccolta

Dal momento che a ciascun identificativo dell’RFID corrisponde una specifica utenza, ad un’analisi ruvida del file CSV – Comma-Separated Values, un formato di file utilizzato per l’esportazione di tabelle di dati su fogli elettronici – che riporta le letture dei tag, saltano subito all’occhio eventuali errori di codifica: quello più comune è costituito dalle doppie codifiche, vale a dire la presenza di due ID tag uguali – lo stesso tag è associato, ad esempio, a due strade differenti nello stesso comune –, una condizione che indica una codifica sbagliata. Per una corretta applicazione del regime tariffario puntuale, di conseguenza, è fondamentale che il wearable sia preciso e che definisca esattamente il tag letto in quel determinato momento.

La coesistenza di due ID tag uguali può essere causata, inoltre, da uno scambio dei sacchi o dei bidoni utilizzati per la raccolta puntuale, che può verificarsi quando un utente utilizza lo stesso bidoncino per due abitazioni – per es. in città e al mare –, oppure in situazioni come lo scambio fortuito dei sacchetti tra vicini di casa. Si tratta di elementi che permettono alla società di raccolta di ‘pulire’ l’anagrafica dell’utenza, eliminando immediatamente gli errori.

Un altro fattore che viene fuori ad una prima analisi è la possibile discrepanza sul giro di raccolta degli operatori: se, all’interno di uno stesso comune, a fine turno due addetti mostrano un’evidente differenza nel numero di tag letti, a parità di chilometri percorsi, significa che i carichi di lavoro sono sbilanciati. Questo dato permette alla società che gestisce il servizio di tariffazione puntuale di riequilibrare e normalizzare i carichi di lavoro tra i propri operatori.

 

I filtri in ingresso: white list e black list

Per riuscire a fare analisi più sofisticate e calcolare in maniera corretta la tariffa puntuale, è necessario per le società di raccolta capire innanzitutto in che modo filtrare gli RFID delle anagrafiche utenti. La prima operazione da compiere è applicare un filtro in ingresso, cioè ‘dire’ al lettore di accettare – per un determinato comune in cui viene effettuata la raccolta puntuale – esclusivamente tag con uno specifico codice di quattro cifre, solitamente alfanumerico, ma che può anche essere composto soltanto da numeri o da lettere. Per il comune X, il dispositivo indossabile leggerà tutti i tag, ma terrà in considerazione, ovvero salverà esclusivamente quelli che abbiano come testa, per es., il codice 00aa, oppure 1234, o ancora abcd.

Occorre, quindi, definire una white list, una ‘lista bianca’ in cui possa entrare soltanto una determinata famiglia di tag: questo permette di scremare tutti gli RFID che non appartengono ad essa definendo, per contrasto, una black list dinamica, ovvero aggiornabile, che blocca specifici tag, ‘dicendo’ al lettore di non accettarli. Casi tipici di tag in ‘lista nera’ sono quelli relativi agli utenti insolventi – non in regola con i servizi a pagamento, come la raccolta del verde o lo svuotamento dei bidoni di pannolini – o che compiono errori ripetuti nella raccolta – gettando bottiglie di vetro o plastica nell’umido e così via. La lista nera include tag della lista bianca, che il lettore potrebbe accettare, ma che sceglie di non accettare per motivi definiti, come l’insolvenza o gli errori reiterati nel processo.

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