Dopo il 6 giugno 2019 i comuni italiani avranno l’obbligo di adottare la normativa sulla Tariffa puntuale dei rifiuti (Tarip).
Il decreto ministeriale del 20 aprile 2017 ha introdotto la normativa sulla tariffa puntuale (Tarip), che stabilisce i “criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati.
Il D.M. è entrato in vigore il 6 giugno dello stesso anno, dopo quindici giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 22 maggio 2017, e diventerà attuativo il 6 giugno 2019 per tutti i comuni, come stabilito dall’articolo 10: “I comuni che, nelle more dell’emanazione del presente decreto, hanno applicato una misurazione puntuale della parte variabile della tariffa, adeguano le proprie disposizioni regolamentari alle prescrizioni del presente decreto entro 24 mesi dalla sua entrata in vigore”. Cosa accadrà dopo questa data?
Comuni italiani e tariffa puntuale: lo stato dell’arte
Quanti comuni, in Italia, hanno adottato la tariffazione puntuale dei rifiuti? Nel Rapporto Rifiuti Urbani 2018 dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), sono riportati i risultati del censimento, relativo al 2017, dei comuni “che hanno introdotto un sistema di prelievo di natura corrispettiva, fondato su criteri di misurazione del rifiuto prodotto, in applicazione di quanto previsto dal decreto 20 aprile 2017”. La rilevazione è stata effettuata dall’ISPRA inviando una scheda a tutti i comuni (7.978) esistenti nel nostro Paese alla data del 2 ottobre 2017: di questi hanno risposto 2.593, pari al 32,5% del numero complessivo, con una netta preponderanza del Nord (2.151 comuni, l’83% del campione di indagine) rispetto al Centro (185 comuni, 7,1% del campione) e al Sud (257 comuni, 9,9% del campione). La popolazione del campione è di 26.701.613 abitanti, corrispondente al 44,1% della popolazione residente italiana (Censimento ISTAT 2017), suddivisa tra regioni settentrionali (16.930.190 abitanti), centrali (5.482.842) – qui la presenza del comune di Roma, con oltre 2,8 milioni di abitanti, incide in maniera significativa sul campione totale – e meridionali (4.288.581).
Soltanto 341 comuni applicano la tariffa puntuale
Alla data del 31 dicembre 2017, sui 2.593 comuni oggetto dell’indagine, appena 341, ovvero il 13,2% del totale, applicano “il regime di Tariffazione puntuale o corrispettiva, denominato Pay-As-You-Throw, basato sull’utilizzo di sistemi di rilevazione e quantificazione della produzione dei rifiuti, riferiti a ogni singola utenza servita”. Ben l’86,8% (2.252 comuni), invece, adotta ancora la TARI normalizzata, calcolata tenendo conto della superficie dell’abitazione espressa in metri quadrati e del numero degli occupanti.
Sui 341 comuni, 324 sono del Nord (95% del totale), mentre nel Centro e nel Sud Italia, rispettivamente, sono appena 5 (1,5%) e 12 (3,5%) i comuni in cui vige la tariffa puntuale.
Numeri ancora bassi nella gran parte delle regioni italiane
Il Veneto è la regione con il più alto numero di comuni a tariffa puntuale: 120 su 341 analizzati, pari al 35,2% del totale. Seguono il Trentino Alto Adige, con 77 comuni (22,6%), la Lombardia, con 66 (19,4%), l’Emilia Romagna, con 34 (10%), e il Piemonte, con 21 (6,2%). Le altre regioni settentrionali e il resto del Paese mostrano percentuali davvero esigue: al Nord “5 comuni appartengono al Friuli Venezia Giulia (1,5%)”, mentre la “regione Liguria ha un solo comune a tariffa puntuale ed è il comune di Follo (0,3%)”, in provincia di La Spezia. “Nella macroarea del Centro, per il 2017, la regione Toscana ha 4 comuni a tariffa puntuale (1,2%)” e “il Lazio è rappresentato da un solo comune, il comune di Posta (0,3%)”, nel rietino. Al Sud, infine, i comuni che si sono adeguati alla Tarip sono 5 in Abruzzo (1,5%), 2 in Campania, in Calabria e in Sicilia (0,6%) e uno in Sardegna (0,3%), quello di Arzachena, nella provincia di Sassari. Un altro dato che emerge dallo studio è che la maggior parte dei comuni in cui viene effettuata la misurazione puntuale, sui 341 presi in esame, ha meno di 5.000 abitanti (181); seguono quelli con un numero di abitanti compreso tra 5.001 e 10.000 (89), tra 10.001 e 50.000 (60), tra 50.001 e 150.000 (3), mentre sono assenti comuni con più di 150.000 abitanti.
Risultati così diversi dalle attese sono dovuti a vari fattori:
Lentezza della burocrazia italiana
I tempi lunghi della progettazione del servizio di raccolta puntuale e dell’indizione delle gare d’appalto, insieme al rimbalzo delle responsabilità, impediscono al processo di decollare.
Caos a livello normativo
Il D.M. del 20 aprile 2017, all’art. 1, stabilisce i criteri per la realizzazione di:
“a) sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti dalle utenze al servizio pubblico”
e di
“b) sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio in funzione del servizio reso”, affidata ai comuni. Questi ultimi, tuttavia, sono liberi di formare dei consorzi, di unirsi in ATI (Ambiti Territoriali Integrati) o di demandare a enti terzi la responsabilità: una serie di fattori che complicano il procedimento e lo rallentano.
Il caos normativo è legato anche ai criteri di misurazione: l’articolo 4, infatti, fa riferimento sia al peso che al volume: “la misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti si ottiene determinando, come requisito minimo, il peso o il volume della quantità di RUR (rifiuto solido urbano) conferito da ciascuna utenza al servizio pubblico di gestione dei rifiuti” e aggiunge che “possono altresì essere misurate le quantità di altre frazioni o flussi di rifiuto oggetto di raccolta differenziata, ivi compresi i conferimenti effettuati dagli utenti presso i centri di raccolta comunali”.
Mancanza di regole sanzionatorie in caso di non adeguamento
L’assenza, nel decreto ministeriale, della parte relativa alle sanzioni previste per i comuni che non si saranno adeguati alla tariffa puntualeentro il 6 giugno 2019, non ha spinto le amministrazioni comunali a mettersi in regola in tempo utile con la nuova normativa; non è chiaro, pertanto, cosa accadrà dopo quella data alle amministrazioni inadempienti.